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Antonio Rezza in 'Hybris'
 
 
Dove e Quando
Teatro Vascello
Via Giacinto Carini 78 - Roma (RM)
Da MAR 20 DICEMBRE 2022 a VEN 23 DICEMBRE 2022
Da MAR 27 DICEMBRE 2022 a DOM 22 GENNAIO 2023

Come
Evento per: Adulti, Giovani, Senior
Specifiche pagamento: Biglietto ridotto studenti e titolari di tessera BiblioPiù delle Biblioteche dei Castelli Romani (da richiedere a: promozione@teatrovascello.it)
Prenotazione: Si
Email di prenotazione: promozioneteatrovascello.it@gmail.com
Telefono di prenotazione: 065898031
Per informazioni
Tel: 065898031
 
Dal 20 dicembre 2022 al 22 gennaio 2023 (Lo spettacolo non andrà in scena nei giorni: 24-25-26 dicembre e 1 e 2 gennaio. Sabato 31 dicembre h.21 speciale capodanno)
dal martedì al venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17
 
---
 
di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista, Enzo Di Norscia, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli e con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Sughi
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
luci e tecnica Daria Grispino
organizzazione generale Marta Gagliardi e Stefania Saltarelli
macchinista Andrea Zanarini
una produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro di Sardegna e in collaborazione con Spoleto Festival dei Due Mondi
 
ufficio stampa Chiara Crupi – Artinconnessione
 
durata 75′
 
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Come si possono riempire le cose vuote? È possibile che il vuoto sia solo un punto di vista?
 
La porta…perché solo così ci si allontana. Ognuno perde l’orientamento, la certezza di essere in un luogo, perde il suo regno così in terra e non in cielo. L’uomo fa il verso alla belva. Che lui stesso rappresenta. Senza rancore.
La porta ha perso la stanza e il suo significato, apre sul nulla e chiude sul nulla.
Divide quello che non c’è… intorno un ambiente asettico fatto di bagliori.
L’essere è prigioniero del corpo, fascinato dall’onnipotenza della sua immagine trasforma il suo aspetto per raggiungere la bellezza immobile e silente che tanto gli è cara.
Le gabbie naturali imposte dal mondo legiferano della nascita, della crescita e della cultura, ma la morte è come al solito insabbiata; ai bambolotti queste cose sembrano inutili sofferenze, antiche volgarità.
La porta attraversata dal corpo senza organi, che nel nostro caso è anche privo del cervello e profondamente pigro, si trasforma in un portale nel vuoto; al bordo del precipizio si può immaginare un mondo alternativo ma il bambolotto si lascia abitare da chiunque, di ognuno prende un pezzo, uno spunto, sicuro e consapevole di dare una direzione sua alle cose. La spina dorsale si allunga e si anima: finalmente si divide.
Aprire la porta sulle altrui incertezze, sull’ambiguità, sull’insicurezza dell’essere e la meschinità dello stare. Chiunque sta in un punto, detta legge in quel punto. Ci si conosce sotto i piedi, nulla può durare a lungo quando due persone si incontrano esattamente dove sono: e dove stanno non si vede bene perché ci sono i piedi sopra. I rapporti finiscono perché nascono sotto i calcagni, senza rispetto. Piccoli dittatori che fanno della posizione la loro roccaforte. Ma poi barcollano con una porta davanti gestita da un carnefice inesatto che stabilisce dove gli altri vivono. Non cambia molto essere un metro oltre o un metro prima, ma muta lo stato d’animo di chi sapeva dove era e adesso ignora dove andrà perché non sa da dove parte. Chi bussa sta dentro, chi bussa cerca disperatamente che qualcuno da fuori chieda “chi è?”. Bussiamo troppo spesso da fuori per tutelare le poche persone che vivono all’interno, si tratta di famiglie di due o tre elementi, piccoli centri di potere chiusi a chiave. Dovremmo imparare a bussare ogni volta che usciamo, perché fuori ci sono tutti, l’esterno è proprietà riservata, condominio esistenziale, casa aperta. L’educazione va sfoggiata in mezzo agli altri e non pretesa quando ci si spranga insieme al parentato. La famiglia la sera chiude fuori tutta l’umanità, che senso ha accogliere il diverso quando ogni notte ci barrichiamo dichiarando l’invalicabilità della nostra dimora? Infimi governanti delle pareti domestiche, come le bestie. L’uomo diventa circense, domatore della proprietà privata.
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Dal 20 dicembre 2022 al 22 gennaio 2023 (Lo spettacolo non andrà in scena nei giorni: 24-25-26 dicembre e 1 e 2 gennaio. Sabato 31 dicembre h.21 speciale capodanno)
dal martedì al venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17
 
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di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista, Enzo Di Norscia, Manolo Muoio, Chiara Perrini, Antonella Rizzo, Daniele Cavaioli e con la partecipazione straordinaria di Maria Grazia Sughi
(mai) scritto da Antonio Rezza
habitat Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli
luci e tecnica Daria Grispino
organizzazione generale Marta Gagliardi e Stefania Saltarelli
macchinista Andrea Zanarini
una produzione RezzaMastrella, La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Teatro di Sardegna e in collaborazione con Spoleto Festival dei Due Mondi
 
ufficio stampa Chiara Crupi – Artinconnessione
 
durata 75′
 
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Come si possono riempire le cose vuote? È possibile che il vuoto sia solo un punto di vista?
 
La porta…perché solo così ci si allontana. Ognuno perde l’orientamento, la certezza di essere in un luogo, perde il suo regno così in terra e non in cielo. L’uomo fa il verso alla belva. Che lui stesso rappresenta. Senza rancore.
La porta ha perso la stanza e il suo significato, apre sul nulla e chiude sul nulla.
Divide quello che non c’è… intorno un ambiente asettico fatto di bagliori.
L’essere è prigioniero del corpo, fascinato dall’onnipotenza della sua immagine trasforma il suo aspetto per raggiungere la bellezza immobile e silente che tanto gli è cara.
Le gabbie naturali imposte dal mondo legiferano della nascita, della crescita e della cultura, ma la morte è come al solito insabbiata; ai bambolotti queste cose sembrano inutili sofferenze, antiche volgarità.
La porta attraversata dal corpo senza organi, che nel nostro caso è anche privo del cervello e profondamente pigro, si trasforma in un portale nel vuoto; al bordo del precipizio si può immaginare un mondo alternativo ma il bambolotto si lascia abitare da chiunque, di ognuno prende un pezzo, uno spunto, sicuro e consapevole di dare una direzione sua alle cose. La spina dorsale si allunga e si anima: finalmente si divide.
Aprire la porta sulle altrui incertezze, sull’ambiguità, sull’insicurezza dell’essere e la meschinità dello stare. Chiunque sta in un punto, detta legge in quel punto. Ci si conosce sotto i piedi, nulla può durare a lungo quando due persone si incontrano esattamente dove sono: e dove stanno non si vede bene perché ci sono i piedi sopra. I rapporti finiscono perché nascono sotto i calcagni, senza rispetto. Piccoli dittatori che fanno della posizione la loro roccaforte. Ma poi barcollano con una porta davanti gestita da un carnefice inesatto che stabilisce dove gli altri vivono. Non cambia molto essere un metro oltre o un metro prima, ma muta lo stato d’animo di chi sapeva dove era e adesso ignora dove andrà perché non sa da dove parte. Chi bussa sta dentro, chi bussa cerca disperatamente che qualcuno da fuori chieda “chi è?”. Bussiamo troppo spesso da fuori per tutelare le poche persone che vivono all’interno, si tratta di famiglie di due o tre elementi, piccoli centri di potere chiusi a chiave. Dovremmo imparare a bussare ogni volta che usciamo, perché fuori ci sono tutti, l’esterno è proprietà riservata, condominio esistenziale, casa aperta. L’educazione va sfoggiata in mezzo agli altri e non pretesa quando ci si spranga insieme al parentato. La famiglia la sera chiude fuori tutta l’umanità, che senso ha accogliere il diverso quando ogni notte ci barrichiamo dichiarando l’invalicabilità della nostra dimora? Infimi governanti delle pareti domestiche, come le bestie. L’uomo diventa circense, domatore della proprietà privata.
 
 
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