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In-Exitus / Venere e Adone
 
 
Dove e Quando
Teatro Vascello
Via Giacinto Carini 78 - Roma (RM)
Da MAR 3 MAGGIO 2022 a DOM 8 MAGGIO 2022

Come
Evento per: Adulti, Giovani, Senior
Ingresso: A pagamento
Specifiche pagamento: Biglietto ridotto studenti e titolari di tessera BiblioPiù delle Biblioteche dei Castelli Romani (da richiedere a: promozione@teatrovascello.it)
Prenotazione: Si
Email di prenotazione: promozioneteatrovascello@gmail.com
Telefono di prenotazione: 065898031
 
NOTE
Per assistere alle rappresentazioni è obbligatorio mostrare il green pass (rafforzato) all’ingresso del teatro e indossare la mascherina Ffp2 per tutta la durata della permanenza in teatro. Durante la rappresentazione è vietato fare foto e video e i telefoni cellulari devono essere tenuti spenti. ORARI BOTTEGHINO: Lunedì 10.00/18.00 (nel caso di spettacolo il botteghino è aperto fino alle 21.00); dal Martedì al Venerdì 10.00 /21.00 (nel caso in cui non è prevista rappresentazione il botteghino è aperto dalle 10.00 alle 18.00); Sabato 16.00/19.00; Domenica 15.00/17.00 (le domeniche del VASCELLO IN MUSICA il botteghino aprirà dalle 10.00 alle 12.00)
Per informazioni
Tel: 065898031
 

dal 3 al 5 maggio IN-EXITU

dal 6 all'8 maggio VENERE E ADONE

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì h 21 - sabato h 19 - domenica h 17

---

3-4-5 maggio IN-EXITU di Giovanni Testori

nell’adattamento, interpretazione e regia di Roberto Latini

musiche e suono Gianluca Misiti

luci e direzione tecnica Max Mugnai

collaborazione tecnica Riccardo Gargiulo, Marco Mencacci, Gianluca Tomasella

 

produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi

con la collaborazione di Armunia Festival Costa degli Etruschi, Associazione Giovanni Testori, Napoli Teatro Festival Italia

con il contributo di Regione Toscana e MiBAC

 

Continua l’incontro e lo scambio artistico di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi con Roberto Latini, che da qualche anno collaborano nella realizzazione di spettacoli e progetti come il Teatro Laboratorio della Toscana. Prosegue la storia della Compagnia con Giovanni Testori e il lavoro di ricerca sulle lingue segrete del teatro. Marcel Proust sostiene che i bei libri sono scritti come in una lingua straniera cosicché, secondo lo scrittore francese, ogni lettore, sotto ogni parola, può mettere il proprio senso o almeno la propria immagine, che spesso è un ‘contro senso’. Anche per l’attore ogni testo è come se fosse scritto in una lingua straniera e il suo compito è tradurre da questa lingua nella propria. Adesso sarà Roberto Latini ad affrontare la furente inventività linguistica di In exitu, 1988, e a dare vita alla parola testoriana. L’uscita di scena di un tossico degli anni ’80 in una città qualsiasi tra le Milano di un nord qualsiasi è dolore e solitudine straziante di una vita consumata in evasione, in eversione. La narrazione cede il passo alla forma e si sostanzia su un piano raffinatamente linguistico. Testori come fosse il pusher di una lingua teatrale che si fa linguaggio. Drogato è il testo e le parole sfidano il pensiero e la sintassi, come l’Ulisse di Joyce, il Lucky di Beckett, come agli orli della vita, direbbe Pirandello. Tutto sembra svilupparsi nella sensazione del fondamentale e iniziatico “Quem quaeritis” del Teatro Sacro Medievale. In mezzo, c’è una nebbia incapace di fermare il tempo e la consolazione. In Exitu è come una Pietà. La parabola parabolica di vita vissuta da Riboldi Gino è quella di un povero Cristo tenuto in braccio da Madonne immaginate, respirate, disarticolate, nella fonetica di una dizione sollecitata fino all’imbarazzo tra suono e senso, come fossero le parole ad essere infine deposte dalla croce sulle quali Testori le ha inchiodate. “Chi cercate?” “Non è qui!”, risponderebbe l’angelo.

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6-7-8 maggio VENERE E ADONE (Siamo della stessa mancanza di cui son fatti i sogni)

 

di e con Roberto Latini

 

musica e suono Gianluca Misiti 

luce Max Mugnai

costume Gianluca Sbicca

scena Marco Rossi

 

produzione Compagnia Lombardi Tiezzi

 

In uscita da questo tempo immobile, mi piace riferirmi allo stesso argomento che scelse Shakespeare quando i teatri a Londra nel 1593 furono chiusi per la peste: Venere e Adone. L’amore terrestre e quello divino nel disarmo di un destino ineluttabile. Voglio smettere lo spettacolo, o la proposta che gli farebbe il verso, a favore di un materiale in movimento, incessante, fluido. Provare ad aprire al pubblico l’impreparazione del processo creativo, non alcuna pretesa di prodotto finito.

Immagino percorsi senza tappe, oppure immagini senza continuità. Di versi dispersi. La scena suggerisce la creazione, eppure non l’afferra, lasciandosi ciclicamente contemplare o collocare altrove. Venere e Adone, da Shakespeare a Tiziano, Rubens, Canova, Carracci, Ovidio, attraversano il mito nell’arte, declinando forme e sostanze. In tutti, una sospensione, un respiro-fotogramma, solo, fermato, definito, come a impedire che il racconto si possa compiere nel finale che già sappiamo. È forse la speranza che si possa vincere il destino, dando all’Arte il compito di sfidare il tempo e trattenerlo. Sospenderci nella tenerezza. Venere e Adone è la storia di ferite mortali, di baci sconfitti che non sanno, non riescono a farsi corazza, difesa. Anche Amore non può nulla. Anche Amore è incapace; è sfinito, è logoro, è vecchio. Sconfitto.

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dal 3 al 5 maggio IN-EXITU

dal 6 all'8 maggio VENERE E ADONE

martedì, mercoledì, giovedì e venerdì h 21 - sabato h 19 - domenica h 17

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3-4-5 maggio IN-EXITU di Giovanni Testori

nell’adattamento, interpretazione e regia di Roberto Latini

musiche e suono Gianluca Misiti

luci e direzione tecnica Max Mugnai

collaborazione tecnica Riccardo Gargiulo, Marco Mencacci, Gianluca Tomasella

 

produzione Compagnia Lombardi-Tiezzi

con la collaborazione di Armunia Festival Costa degli Etruschi, Associazione Giovanni Testori, Napoli Teatro Festival Italia

con il contributo di Regione Toscana e MiBAC

 

Continua l’incontro e lo scambio artistico di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi con Roberto Latini, che da qualche anno collaborano nella realizzazione di spettacoli e progetti come il Teatro Laboratorio della Toscana. Prosegue la storia della Compagnia con Giovanni Testori e il lavoro di ricerca sulle lingue segrete del teatro. Marcel Proust sostiene che i bei libri sono scritti come in una lingua straniera cosicché, secondo lo scrittore francese, ogni lettore, sotto ogni parola, può mettere il proprio senso o almeno la propria immagine, che spesso è un ‘contro senso’. Anche per l’attore ogni testo è come se fosse scritto in una lingua straniera e il suo compito è tradurre da questa lingua nella propria. Adesso sarà Roberto Latini ad affrontare la furente inventività linguistica di In exitu, 1988, e a dare vita alla parola testoriana. L’uscita di scena di un tossico degli anni ’80 in una città qualsiasi tra le Milano di un nord qualsiasi è dolore e solitudine straziante di una vita consumata in evasione, in eversione. La narrazione cede il passo alla forma e si sostanzia su un piano raffinatamente linguistico. Testori come fosse il pusher di una lingua teatrale che si fa linguaggio. Drogato è il testo e le parole sfidano il pensiero e la sintassi, come l’Ulisse di Joyce, il Lucky di Beckett, come agli orli della vita, direbbe Pirandello. Tutto sembra svilupparsi nella sensazione del fondamentale e iniziatico “Quem quaeritis” del Teatro Sacro Medievale. In mezzo, c’è una nebbia incapace di fermare il tempo e la consolazione. In Exitu è come una Pietà. La parabola parabolica di vita vissuta da Riboldi Gino è quella di un povero Cristo tenuto in braccio da Madonne immaginate, respirate, disarticolate, nella fonetica di una dizione sollecitata fino all’imbarazzo tra suono e senso, come fossero le parole ad essere infine deposte dalla croce sulle quali Testori le ha inchiodate. “Chi cercate?” “Non è qui!”, risponderebbe l’angelo.

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6-7-8 maggio VENERE E ADONE (Siamo della stessa mancanza di cui son fatti i sogni)

 

di e con Roberto Latini

 

musica e suono Gianluca Misiti 

luce Max Mugnai

costume Gianluca Sbicca

scena Marco Rossi

 

produzione Compagnia Lombardi Tiezzi

 

In uscita da questo tempo immobile, mi piace riferirmi allo stesso argomento che scelse Shakespeare quando i teatri a Londra nel 1593 furono chiusi per la peste: Venere e Adone. L’amore terrestre e quello divino nel disarmo di un destino ineluttabile. Voglio smettere lo spettacolo, o la proposta che gli farebbe il verso, a favore di un materiale in movimento, incessante, fluido. Provare ad aprire al pubblico l’impreparazione del processo creativo, non alcuna pretesa di prodotto finito.

Immagino percorsi senza tappe, oppure immagini senza continuità. Di versi dispersi. La scena suggerisce la creazione, eppure non l’afferra, lasciandosi ciclicamente contemplare o collocare altrove. Venere e Adone, da Shakespeare a Tiziano, Rubens, Canova, Carracci, Ovidio, attraversano il mito nell’arte, declinando forme e sostanze. In tutti, una sospensione, un respiro-fotogramma, solo, fermato, definito, come a impedire che il racconto si possa compiere nel finale che già sappiamo. È forse la speranza che si possa vincere il destino, dando all’Arte il compito di sfidare il tempo e trattenerlo. Sospenderci nella tenerezza. Venere e Adone è la storia di ferite mortali, di baci sconfitti che non sanno, non riescono a farsi corazza, difesa. Anche Amore non può nulla. Anche Amore è incapace; è sfinito, è logoro, è vecchio. Sconfitto.

 
 
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